Era il mio primo anno con una piscina fuori terra. Avevo fatto tutto come da manuale (anzi, più da gruppo Facebook): riempita con acqua dell’acquedotto, cloro shock, un po’ di antialghe… e dopo tre giorni era diventata verde tipo succo detox andato a male.

Ho provato con il flocculante, con il metal out, col regolatore di pH. Ho passato giornate a testare l’acqua, versare prodotti, imprecare. Poi, disperata, ho letto un post in un gruppo americano: una tizia giurava di aver risolto tutto con una… calza. Già. Una calza lunga, tipo da ginnastica, riempita con ovatta da cuscino, legata in fondo con un semplice elastico per capelli. Pensavo fosse uno scherzo, ma tanto ormai stavo raschiando il fondo del barile.
👉 Ho infilato la calza alla bocchetta di mandata (è il punto da cui l’acqua filtrata rientra nella piscina, quindi di solito in alto), e l’ho fissata con una fascetta.
Dopo un po’, vado a controllare… sembrava avesse filtrato il Mar Morto. Dentro c’era una poltiglia grigio-verde che neanche nei peggiori incubi. L’acqua? Stava diventando limpida e non riuscivo a credere ai miei occhi. E soprattutto senza aver aggiunto nessun prodotto chimico da due giorni.
L’ho strizzata ogni due o tre ore, cambiato l’imbottitura il giorno dopo e la piscina è tornata balneabile.
Morale della favola? A volte, la chimica può aspettare. Serve solo una calza, un po’ di imbottitura di cuscino, e la capacità di ignorare i vicini mentre sghignazzano sulle tue disgrazie.
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